Dall’intervista di Matteo Matruzzi pubblicata su www.ilfoglio.it del 4 agosto u.s. rileviamo due passaggi importanti per la nostra attività di comunicatori europei che riproponiamo per un lavoro ed un confronto nei prossimi mesi. (Efrem Bovo)
“Sono convinto – dice Scola – che è importante riprendere, anche descrittivamente, tutte – è in questo senso è necessario non escludere nessuna – le radici dell’Europa. Però, poi, partendo dalle esigenze concrete del presente bisogna guardare al futuro. E’ chiaro che il cristianesimo è stata la radice portante dell’Europa. Ma vi sono anche le radici anteriori: Roma ha assunto la Grecia, Gerusalemme. Ci sono le varie realtà germaniche, galliche e pre-celtiche. E, a posteriori, quelle della modernità e dell’illuminismo, senza escludere la cosiddetta matrice socialista. Questo è certo e rimane. Oggi il cristianesimo si gioca dentro una realtà interculturale e interreligiosa, e quindi deve essere un co-agonista, che in Europa può anche essere il protagonista del lavoro che tutte le religioni e tutte le mondovisioni sono chiamate a fare”.
“Nella mia venticinquennale esperienza di vescovo noto che il nostro popolo mantiene un sensus fidei che definirei quasi naturale. Quando vado in visita pastorale, sono solito tenere un’assemblea pubblica dove la gente fa sempre domande sostanziali: affetti, amore, giovani, lavoro, giustizia, morte, aldilà… Manca ciò che con grande genio profetico aveva intuito Paolo VI (allora solo mons. Montini) già nel 1934, quando disse che la ‘cultura italiana ha già messo da parte Gesù Cristo’, facendo vedere ciò che sarebbe successo, cioè che questa posizione presto o tardi – soprattutto attraverso i mass media – avrebbe intaccato il popolo.
E’ necessario un ritorno alla semplicità. C‘è un bellissimo libro di Balthasar, La semplicità del cristiano, che dovremmo riscoprire. Il nostro tempo ha bisogno di santi semplici, perché siamo troppo complicati, e lo dico pensando a me”.