Il 21% degli occupati italiani ha scelto di essere "spintaneamente" un self-employed facendo diventare così il Bel Paese secondo in Europa, dopo la Grecia, per numero di partite Iva avviate (fonte Eurostat).
Cosa cerca un autonomo? Libertà in primis, di azione e di orario in “ribellione” alla classica routine; occupazione in secondo luogo. L’occupazione old style figlia del boom post bellico è, infatti, oggi mera utopia e quindi, se il lavoro manca, perché non crearselo da sé? “Stay hungry, stay foolish”: l’appello di Steve Jobs risuona ancora nelle orecchie di molti giovani che hanno deciso di inseguire i propri i sogni alla ricerca dell’Isola che c’è. Secondo la fotografia scattata da Eurostat, il self employed medio viaggia però sopra i 45 anni di età (nel 55% dei casi) e svolge un’attività senza dipendenti.
I freelance under 40 sono rappresentati da un buon 35% sopra la media continentale del 33%. I settori, in Europa, che attirano di più questa categoria sono vendita al dettaglio e riparazione di veicoli a motore (4,8 milioni, il 16% del totale europeo), agricoltura e pesca (4,4 milioni il 14%) e costruzioni (3,9 milioni, il 13%).
E il Giornalismo? In Inghilterra il freelance è ancora un’istituzione: uffici ad hoc nelle redazioni, salari degni del “Quarto Potere” descritto da Orson Welles; in Italia si spinge sul minimo stando attenti a non imballare la macchina (secondo il rapporto Lsdi sul giornalismo in Italia il 65,5% dei giornalisti italiani è un libero professionista, ma otto freelance su dieci dichiarano meno di 10mila euro l’anno). Eppure la passione di una “lancia libera” è immortale e qualora si soffra di “solitudine dei numeri primi” esistono organi preposti alla collegialità anche qui. Si pensi ad esempio alla “nostra” Ujce, associazione dove un giornalista e un comunicatore possono dire la loro seguendo un codice etico di valore.
Michela Trada