Gli inglesi hanno scelto. Con referendum nel quale ha prevalso lo yes per l’uscita dall’Unione Europea, circa un milione di voti in più campeggia le notizie, i commenti di una giornata comunque storica per l’Europa.
Dopo tanti anni di richieste di adesione (28 Paesi con altri due-tre in rampa di lancio per l’ingresso), l’insoddisfazione per il funzionamento della “macchina europea” avvolta da una burocrazia imperante e da tante disfunzioni congenite, hanno portato a questa decisione del popolo inglese che non solo fa riflettere ma mette in discussione certezze che parevano inossidabili.
Cosa accadrà ora è difficile prospettarlo le strade da percorrere sono diverse per evitare che il sogno europeo diventi un incubo per l’economia e la politica comunitaria. Di ogni esperienza si deve assorbire il meglio.
E’ vero, dopo il risultato storico e certamente atteso (chi sperava nella vittoria del No probabilmente mentiva a se stesso), si sono subito levate le richieste di altri Paesi per indire un referendum simile (l’Olanda ha espresso questa volontà). Un fatto simile potrebbe portare in un’analisi approfondita il nucleo forte dei Paesi Europei che sbocchi in una gestione di politica economica più collegiale evitando distinzioni fra Paesi di serie A o B per il bene del vecchio continente. Stop alla politica germanocentrica ma equa distribuzione di potere ma pure di solidarietà. Perché è evidente il Paese che stato l’unico ad essere solidale giocoforza è stata l’Italia lasciata nel proprio brodo ella gestione dei flussi migratori. La Brexit sollecita un diverso ruolo delle componenti continentali se si crede ancora in un futuro di Unione Europea.
“Il referendum inglese metterà la Gran Bretagna fuori dalla Ue. Si tratta di un avvenimento che non è esagerato definire storico e all’origine di una svolta politica ed economica per tutto il Vecchio Continente e non solo”.
Quali le conseguenze? “In questi giorni si moltiplicheranno i commenti a caldo e già si sentono affiorare i primi toni apocalittici come se la storia stesse finendo. Invece, è possibile che per l’Unione Europea la storia si stia finalmente rimettendo in moto e vengano periodi ricchi di stimoli e di approfondimenti. Insomma Brexit ha vinto, ma l’Europa non ha perso".
Il ruolo della nostra Associazione, diventa ancora più importante in questo momento storico. L’obbiettivo dichiarato sarà ancora di più raccontare e valorizzare i land europei per farli conoscere e mettere in mostra le eccellenze dei territori che identificano e qualificano la storia millenaria del Vecchio Continente. Un impegno forte ma nel quale crediamo perché solo con popoli diversi per tradizioni e ma convinti che insieme si può crescere nel mondo globale è la sfida per tutti sul nostro futuro di cittadini europei.
Ryanair e easyJet vogliono restare nel Cielo Unico (by: Silvana Piana)
Le low cost britanniche non vogliono cambiare rotta. Hanno insegnato a viaggiare agli europei, e gli europei hanno gonfiato i loro bilanci. Un reciproco interesse, sì, ma che ha fatto crescere il Vecchio Continente, che lo ha sbrigliato e che ha anche costretto i grandi vettori tradizionali ad abbassare le tariffe. Le conquiste di mercato del trasporto aereo ‘no frills’ sono infinite, e il tutto grazie all’opportunità di poter operare nel Cielo Unico.
Ora, per i giganti del low cost basati in Gran Bretagna potrebbe iniziare un’era del tutto di-versa rispetto all’Ue. All’indomani del referendum che ha decretato il ‘leave’, Ryanair e easyJet, che in Italia vantano un traffico da capogiro, hanno subito preso posizione e cercato di rassicurare il mercato.
Dal canto suo, l’inglese easyJet, che si era già preparata a questa eventualità, è certa che resteranno invariate le proprie strategia di sviluppo e capacità di sostenere la crescita degli utili a lungo termine e dei rendimenti per gli azionisti. “Rimaniamo fiduciosi nella forza del nostro modello di business - ha, infatti, affermato Carolyn McCall, ceo di easyJet -. Stiamo facendo pressione sul Governo britannico e sull'Unione europea per garantire la continuazione di un mercato dell'aviazione pienamente liberale e deregolamentato nel Regno Unito e in Europa”. Dichiarazioni alle quali fa seguito, però, poco dopo, una decisione drastica: “Come parte della pianificazione di emergenza di easyJet prima del referendum - spiega una nota della compagnia - abbiamo avuto discussioni informali con un certo numero di autorità aeronautiche europee per l'istituzione di un Coa (certificato di operatore aereo) in un Paese dell’Ue, per consentire a easyJet di continuare a volare in tutta Europa come fatto sinora”.
Anche in casa Ryanair, intanto, si pensa all’immediato futuro e a nuove strategie. Il numero uno della compagnia area a basso costo di matrice irlandese, ma di base a Londra, è noto per le sue provocazioni e per la sua originalità. Michael O’Leary, tra i più accesi stakeholder a favore dell’adesione all’Ue, aveva lanciato un chiaro avvertimento, facendo sapere che avrebbe tagliato gli investimenti in Gran Bretagna se si fosse votato per lasciare l’Europa. E per dare forza alla sua convinzione, aveva già preparato una superofferta celebrativa: voli a 9,99 sterline per celebrare la vittoria del ‘remain’… Una promessa senza seguito, per ovvi motivi, ma il ceo di Ryanair non è uomo da arrendersi facilmente. Il suo vettore trasporta oltre 100 milioni di passeggeri l’anno, con le rotte sulla Gran Bretagna che, da sole, rappresentano 40 milioni sul totale viaggiatori. Uno zoccolo duro che serve ad attutire il brutto colpo incassato l’indomani dell’uscita dall’Ue, come il crollo del 23 per cento delle azioni della compagnia. Il futuro non è roseo, eppure il ceo O’Leary conferma che gli obiettivi di crescita complessiva della compagnia aerea sono rimasti invariati. “Ci aspettiamo tre o quattro mesi di notevole incertezza - ha dichiarato ai media britannici -, ma prevedo un impatto limitato sulle prenotazioni a breve termine da e verso la Gran Bretagna”.